Contenuto | Quarta tappa: il Ponte del CastelloLibera nos a malo (p. 97) […] Le cose sono al loro posto, gli spazi immutati. Conosco bene il giro che fa l'ombra delle case, qui davanti, e il taglio del sole a mezzogiorno in Piazzetta. A quest'ora il Listòn che va verso nord è infilato dal sole e dà come una vampata di luce. Contrà Chiesa ha una tettoia d'ombra; a sud, oltre la piazza, affacciandosi verso il ponte del Castello c'è il piccolo golfo di aria dorata dove le forme in controluce si dissolvono, si sfaldano ai margini: l'altura del Castello, la chiesa, la calotta di Monte Piàn si vedono tremolare, l'aria è piena di lustrini. Pochi passi nel sole vivo, fino al ponte: si entra in un molle caos di verdi e di celesti, che vibra. […] Libera nos a malo (pp. 98-99) […] L'approccio da levante è più strano. E' come se ci fosse stato un elefante, o una bestia molto simile, che camminava verso Schio rimorchiandosi dietro un erpice di collinette; arrivando all'ansa del torrente, che doveva essere pieno di acqua a quei tempi, avrà voluto bere una sbruffata, e allungò la proboscide. A questo punto cominciò ad affondare (c'era palude, si vede,a sud del torrente) e affondò circa tre quarti, poi deve aver toccato roccia e si fermò. Ora è tutto roccia anche lui, ed è Monte Piàn. La testa si vede bene arrivando da Thiene, profilata in scuro contro il fondale alto delle altre colline a ponente; ma per vederla di pieno bisogna spostarsi un po' in giù, alla Vacchetta per esempio. Ha la massa poliedrica a facce ampie, irregolari e armoniose che è tipica del cranio degli elefanti, e l'angolo giusto della testa di un elefante in marcia; la proboscide è distesa in avanti, mezza interrata e mezza fuori; ci è cresciuta sopra una natta con qualche pelo, che è il Castello, e proprio sulla punta c'è il paese. Avvicinandosi pare che al di là di questo testone di Monte Piàn non ci sia più spazio, forse solo una stretta esedra cieca fra la spalla della bestia e i colli alti contro cui strisciava. Si vede un sipario di colli, una costa erta, selvosa e compatta che pare senza esiti fino alle vette rocciose pochi chilometri più a nord. E' un'impressione falsa: entrando in paese, e prendendo poi per contrà Chiesa per uscire dalla parte opposta, come si arriva al campanile e alla chiesa, prima di capire che cosa sta succedendo, ci si trova in uno spazio nuovo. Il sipario arcigno dei colli davanti e a destra s'è come tirato in là, s'è ingentilito; c'è questo nuovo spazio a ponente e a mezzogiorno, il più nostro di tutti gli spazi di questo mondo, un piccolo drappo fermato in cima dal nodo che chiamiamo Priabona. […]
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