Contenuto | Terza tappa: Duomo
Scommetto che intanto a casa, mentre le donne cucinavano sul focolare un intruglio ostrogotico (perché ci ha fondati “un principale Capitanio de Gotti circa gl’anni di Cristo 500”), le bambine giocavano con le pue romanze, e i bambini coi sassi di sale. Uno domandava incautamente: “Che giorno ze ancó?”. L'altro rispondeva come si risponde ancora:
Sabo: in boca te cago in boca te pisso dimàn te guarisso.
Questo di sette è il più gradito giorno; i cuori si rallegrano aspettando la doménega taumaturga
“Ehi, vi siete già confessati voialtri? Avanti allora.” Si andava a mettersi in ginocchio tutti in fila su un banco dietro l'altare. A pochi metri di distanza il prete seduto davanti a un inginocchiatoio ascoltava un penitentino alla volta. Era sotto Ampelio, in chiesa c'era silenzio. A un tratto si sentì rimbombare la voce di don Emanuele colto di sorpresa: “Eh no! Mas'cio!”. Le orecchie di Ampelio fiammeggiavano. […] Libera nos a malo (p. 220) […] Messa prima, nel grembo insonnolito della notte, la preistoria favolosa del tempo chiamato domenica. Le stelle fuori, i primi canti dei galli; dentro, la penombra dorata e l'alone giallo delle candele. Un piccolo popolo di fedeli, poveri, usi ai lavori duri; un prete forse rozzo anche lui, che predica poco e semplicemente. Una religione che viene prima del resto, e si alza coi braccianti, i montanari, le serve, la gente che comincia a lavorare all'alba. Messa prima! Mi pareva incredibile che ogni domenica, quando noi si dormiva, prima che la notte cominciasse a sbiadire, avvenisse davvero questa antica cosa che la fantasia isolava in un tempo fuori dal tempo, senza rapporto con la realtà quotidiana. […] |